lunedì, luglio 18, 2005

Land of the Dead


C'era una volta l'Horror. C'era una volta un genere che accoglieva tra le sue generose braccia la paura primordiale dello spettatore e la fondeva con il divertimento puro del cinema d'intrattenimento. C'era una volta...
Poi arrivò l'Horror psicologico, un nuovo ciclo di paure generate più da situazioni fantascentifiche che da impatto visivo. Poi arrivarono i film "The....." (The Ring, The Boogyeman, The call, The eye....), gli orientali, e tutto quello che c'era prima non c'è più stato. Un'invasione di inutili e pseudo Horror che aspettava solo di essere depositato per settimane nelle sale cinematografiche.
Ma poi, come un cavaliere dagli occhi di ghiaccio, ritorna George A. Romero (quanto ci piace quell'"A"). Poi ritornarono gli Zombi. In massa come non li abbiamo mai visti, come li abbiamo sempre desiderati. Questo "Land Of The Dead" rianima il vecchio cinema Horror, dove la soluzione intricata della storia non esiste, dove non si deve aspettare (e spesso temere) un finale rivelatore, ma solo capire chi sopravvive. Laddove la metafora è chiara, non troppo ricercata, ma diretta, ineluttabile. Una volta si diceva "un film senza fronzoli", beh, questo lo è. Dinamico, divertente (e non comicità involontaria come ultimamente accade) ed amarcord. Spero che il lungo letargo imposto dalle majors a Romero sia definitivamente concluso. Lo spero anche perchè non vorrei ritrivarmi circondato da Zombie Cinematografici che hanno un'unica costante: "THE...."

giovedì, luglio 14, 2005

Melinda e Melinda


Partendo da un'analisi quasi filosofica delle diverse necessità che una commedia ed una tragedia possono soddisfare nello spettatore, Woddy Allen si (ci) diverte a strutturare una doppia vicenda con un unica costante: Melinda. Radha Mitchell, bravissima nel doppio ruolo, viene sbalzata tra commedia e tragedia (dimostrando agio in entrambi i campi) dai due narratori/sceneggiatori che impastano e sfornano continue vicende d' intricati giochi d'amore e responsabilità. Woody Allen si muove tra i generi con sciolta disinvoltura, riuscendo a divertire nella tragedia e a commuovere nella commedia.
Will Ferrel è un perfetto alter ego del regista e dei personaggi che, solitamente, lui stesso interpreta.
Un film divertente, spensierato, che richiama Slidding Doors, ma solo per la duplice realtà, non ha intenti moralistici nell'analisi di un rapporto di coppia; più che altro sdogana i generi pur separandoli, li confronta ma non li giudica (anche se a chi scrive è sembrata più convinta la Melinda della commedia).
Attendiamo con ansia Match Point.

Fresche Soluzioni...

Meglio di un gelato, meglio di un ghiacchilo e meglio di un frappè.....ecco la nuova fresca alternativa alla calura estiva. Magari non per tutti...

lunedì, luglio 11, 2005

Eternal Sunshine of the spotless mind (se mi lasci ti cancello)



Ci sono film che, a differenza di altri altrettanto belli, segnano particolarmente la sensibilità dello spettatore. Forse perchè la vicenda narrata lo coinvolge direttamente o, semplicemente, perchè riesce a cogliere tutte le sfumature che gli autori volevano evidenziare. Non lo so con precisione, non conosco il motivo di tale fenomeno, ma Eternal Sunshine of the spotless mind (di cui non commento l'orribile titolo nostrano) è uno di quei film. Un film dolce e straziante, dove ogni nostra emozione, ogni nostro impercettibile movimento sussultorio viene stimolato. Sembra di trovarsi in una stanza vuota dove l'unico rumore sono le nostre emozioni, sollievo ed angoscia, felicità e tristezza si mescolano, attrsaversano un percorso tumultuoso verso la risoluzione di questa travagliata storia d'amore.
Jim Carrey ed Kate Winslet creano un'alchimia perfetta nei due personaggi, definendosi sempre di più come due attori capaci di perseguire una carriera alla ricerca di lavori difficili ma meravigliosi.
Joel (Carrey) è un'insicuro e solitario trentenne che vive una relazione amorosa con Clementine (Winslet), una vivace e spontanea ragazza conusciuta per caso. Il dolore per la separazione li porta entrambi ad un'estrema soluzione: la cancellazione della loro storia d'amore tramite la rimozione dei ricordi. Joel si accorge tardivo dell'errore di questa decisione. Parlare ulteriormente della trama svelerebbe troppo di questo intricato film.
L'angoscia che Joel prova quando comincia a vivere la rimozione dei ricordi più piacevoli e la consapevolezza che qualcuno li stia utilizzando per conquistare la sua ex-ragazza (inutilmente, illudendosi che le situazioni e le parole dette siano speciali in quanto tali, mentre sono le persone che le vivono a renderle prezione), sono reali, si rende conto che non potrà più riprendersi ciò che aveva vissuto, capisce che per ogni dispiacere da eliminare esistono diverse sfumature di piacere da perdere.
Quindi se per una parte della visione concordiamo (ed invidiamo) la sua scelta, è altrettanto forte il desiderio di voler ricordare una volta iniziato a pagerne il dazio.
Un film bellissimo, una di quelli più violentati dalla produzione italiana (dalla già citata "traduzione" del titolo all'anoressica distribuzione nelle sale) ma che merita un degno e infinito passaparola per il recupero Home Video.

venerdì, luglio 08, 2005

Un senso di sgomento


Ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, l'essere umano ha dimostrato l'enorme paradosso che contraddistingue la sua strana natura evolutiva.
In un mondo dove milioni di malattie vengono continuamente abbattute da geniali ed infaticabili ricercatori, dove il progresso permette ad un chirurgo di poter operare parti infinitesimali del nostro corpo utilizzando apparati evoluti e, solamente dieci anni fa, impensabili, dove la comunicazione tra popoli è resa immediata e semplicissima da connessioni e reti mediatiche geniali ed intuitive; in questo mondo, la follia di un popolo confuso, lotizzato da anni di oppressione e chiusura, la pazzia di uomini e donne senza scrupoli e senza coraggio, devasta ogni tappa di quel progresso ottenuto con un unico rapido e sadicamente calcolato gesto di terrore. Colpire innocenti nella loro patria, colpirli nel momento in cui vivono la loro già difficile quotidianità, è da codardi; ogni guerra è sbagliata, ma questa è infame, lurida e meschina. Un senso di rabbia mista a tristezza mi coglie quando vedo e rivedo le immagini da Londra, Madrid, Baghdad, la scuola russa invasa dai militanti, Israele; una sensazione d'impotenza, di ineluttabile fallimento. Sì, perchè posso criticare e schifare da Italiano certi atteggiamenti, comportamenti o azioni dei nostrani poitici, calciatori, attori e registi, ma non posso ignorare di sentirmi un cittadino del mondo, un uomo e, quindi, di sentire che questa generazione ha fallito. Come posso pensare altrimenti? Come posso non collegare la tensione di quello che è successo a Londra, con le manifestazioni irrispettose dei Black Bloks, che hanno più o meno la mia età, fanno parte della mia generazione? Come si fa a lasciar passare tutto quanto? Dobbiamo forse aspettare che la paura e la morte ci tocchino da vicino per accorgerci che stiamo virando verso un punto di non ritorno?
Ci sono alternative, delle soluzioni. Questi terroristi vivono, si cibano e si armano grazie ai miliardi del petrolio;è così impossibile derivare altre forme d'energia e di consumo? Non posso credere che gli stati del G8, i più potenti del mondo, coloro che hanno infinite risorse (umane ed economiche) non hanno questa possibilità.
Forse più semplicemente non vogliono.
Forse la vita umana è ancora in svalutazione e gli interessi di guadagno sono troppo bassi.

Da Londra...per il mondo

...una foto più significativa di ogni altra...

lunedì, luglio 04, 2005

La Guarra dei Mondi


Nel 1938 Orson Wells paralizzò l'America trasmettendo per radio "La Guarra dei Mondi" di H.G.Wells. La polizia pensò di avere tra le mani l'ennesimo pazzo megalomane, il mondo guadagnò un genio. Quasi Settantanni dopo il regista più potente di Hollywood porta sullo schermo la sua personale versione del capolavoro letterale che già aveva attratto il giovane Orson. La grande differenza con il romanzo, la trasmissione radiofonica ed il film del '53, sta nel fatto che quello di Spielberg è principalmente un film sul rapporto tra il padre, inaffidabile (Tom Cruise), e i due figli, affidatigli dalla moglie nel solito week-end destinato al genitore (in una causa di divorzio già perpetrata). Tutto quello che succede a New York, Boston e nel mondo è lo sfondo, la scintilla che permette al protagonista di cambiare, di migliorare e crescere, laddove era sempre stato in difetto. Spielberg lo mostra subito, seguendo passo passo Cruise e mostrandoci come cambia: lascia che i figli si cibino ordinando take away mentre lui dorme, si nasconde sotto al tavolo con la figlia mentre ci sono i primi lampi e, dopo il primo incontro coi tripodi, ce lo mostra spaesato, terrorizzato ed incapace di gestire la situazione con i suoi figli. Infatti , all'inizio, l'unico scopo del bel Tom è di raggiungere Boston per scaricare nuovamente la sua prole alla moglie e poter pensare a sè stesso. Poi, come il miglior eroe greco, attraverso il male comune, tramite la paura della perdita capisce che lui non conta molto, che senza di loro non ha più nulla. E' per questo che nel film non vengono mostrate immagini di distruzione nel mondo (per fortuna!), care ai precedenti "Armageddon" e Indipendence Day", tutto ciò che vediamo è ciò che vive Tom Cruise e la sua famiglia.
Per più di mezz'ora stiamo nello scantinato di Tim Robbins con loro senza sapere cosa succede al di fuori, tranne che per qualche fugace sbirciata tra le finestrelle della cantina, subito ricoperte per paura di essere scoperti. Anche la risoluzione dell'invasione è semplice, l'esercito più potente dell'universo distrutto da qualcosa che nemmeno è visibile. Semplicità che anche un padre di famiglia può trovare in un sorriso od in una ninna nanna per tranquillizzare la figlia.
I maggiori difetti del Film stanno nella parte finale, nell'arrivo a Boston (Itaca) di Tom e figlia, ma sono pecche lievi, che non rovinano la totalità del film, che diverte, non annoia (e di questi tempi è già un successo) e ricorda molti i film degli anni 50. Nella prima parte Spielbeg crea sequenze da antologia, dimostrandosi quel geniale mestierante a cui da tempo ci siamo abituati.