
Forse la pecca maggiore del cinema di George Lucas sono i dialoghi, ma questo è ormai un dato di fatto. Nonostante ciò il finale della saga è forse il migliore dei tre nuovi episodi, la figura di Obi-Wan riprende spessore, carisma e forza, creando una perfetta congiunzione con il futuro (passato) maestro Jedi che si vedrà (si è visto) in Star Wars IV. La maledizione di Anakyn può sembrare banale e superficiale, ma i turbamenti che il giovane guerriero nutre sono la parte più umana di tutti i personaggi di questa nuova trilogia (benchè rappresentato da una Hayden Christensen un po' troppo monoespressivo, ma comunque sempre più fisicamente somigliante a Luke Skywalker); il suo abbandono al lato oscuro passa attraverso il dolore dei ricordi della morte della madre, l'impotenza provata in quel frangente e la speranza disperata intravista nel consigliere Palpatine di poter salvare la vita alla proprio amata Padme.

La doppia rinascita sul pianeta di fuoco diventa il passaggio estremo per l'inferno dei dubbi e della confusione del Jedi ormai traviato. "Lui è come suo padre" dirà poi Joda nei confronti di Luke Skywalker ne "L'impero colpisce ancora", presagendo la disfatta del neo - Jedi che, invece, sarà colui che salverà il padre dal rimorso e dalla cattiveria. "Questo figlio cambierà la nostra vita", dice Padme al giovane Anakyn, non sapendo quanto tutto ciò sia terribilmente vero. Un bel film, che non va assolutamente paragonato alla mitica trilogia anni 70, ma che risolleva quella moderna, svela, o meglio, chiarisce meccanismi e sfaccettature di una saga che ora si può considerare composta da sei episodi.