lunedì, maggio 16, 2005

Le guerre di Scott

Per commentare "Le Crociate", bisogna prima precisare che il titolo originel del film, "Kingdom of Heaven" (Il Regno dei cieli), rispecchia maggiormente l'idea base del nuovo lavoro di Ridley Scott. Ciò che veramente interessa al regista, è valorizzare la possibilità di un'ideologia pacifista che si sarebbe potuta raggiungere tramite la razionalità e l'intelligenza di due saggi comandanti appartenenti ad eserciti(popoli) e religioni diferenti. Lo sfondo ideale per questa rappresentazione è la seconda crociata dove, seppur per breve tempo, la pace e il rispetto reciproco riuscivano a mantenere una sorta di stallo nel medio oriente e a Gerusalemme. Scott dimostra che a prescindere dalle credenze o dalle classi nobiliari, la stupidità umana e la cupidigia sono i veri demiurghi della guerra che da sempre devasta quella zona. Non si schiera, il regista americano, creando il bene ed il male in ogni fazione ed inserendo la figura di Baliano (Orlando Bloom) che non cerca ricchezze ma solo la voce di Dio a Gerusalemme, cerca solo espiazione per i propri peccati e per la moglie suicida.
Bloom-Baliano
Ennesimo eroe per caso che raggiunge il golgota accompagnando il padre (Liam Neeson) redento/crociato verso i suoi possedimenti, ne prende possesso alla sua morte, riporta l'acqua dove c'è solo aridità e difende il popolo prima e dopo la morte del Re. La sua scelta di rimanere a Gerusalemme, anche dopo la partenza del più fidato collaboratore del Re (Jeremy Irons), è data dalla necessità di difendere il popolo e non la città che può valere "nulla e tutto", come afferma Saladino. Ottimo il presonaggio del Vescovo/medico/Guerriero che illumina Baliano sulla vera distinzione tra uomo e chiesa e che, alla preoccupazione del giovane "...andrai verso morte certa", risponde seraficamente "Ogni morte è certa!".
Assedio a Gerusalemme
Ciò che, però, rende imperdibile il film sono le sequenze di battaglia, sempre dinamiche, geniali e coreograficamente e coralmente molto curate. Scott da sempre ci ha abituato ad una messa in scena sfarzosa e imponente, l'entrata a Gerusalemme ricorda molto la Roma del Gladiatore, ma la sua regia risulta sicuramente meno pomposa e manicheista di quella adottata da Stone per Alexander, troppo ricercata e confusa.
Un bel film, quindi, che non soffre delle polemiche di cui si aspettava l'ondata, ma che abilmente scarta per una chiara e non troppo complessa dichiarazione di pace apolitica.

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