venerdì, novembre 11, 2005

…. Joan Lui, ma un giorno nel paese arrivo io di Giovedì (lunedì)




Dopo quattro settimane finisce Rockpolitik. Il computo dei danni è enorme: Del Noce sì è dovuto autosospendere per tutta la durata delle puntate (state voi sospesi per quattro ore e poi ritrovarvi il sabato sera a “Ballando con le stelle”); il 2% degli italiani che l’hanno seguito ha cambiato la sua idea politica (giuro, sondaggi del Corriere della Sera alla mano); la R.A.I. ha avuto un netto incremento nel suo personale indice di share (ed ha pensato bene di criticare la sopraccitata trasmissione); Vespa avrà temi di presunta discussione per almeno tutto l’inverno (la Parietti può stare tranquilla); il nuovo tormentone Rock o Lento è quasi ai livelli di presenza degli Amici di Maria De Filippi; Sabina Guzzanti (se possibile) allontana ulteriormente un suo (im)probabile ritorno in TV (forse perché, a differenza di Santoro, non ha pateticamente pianto davanti ad un microfono).
Ma il danno maggiore, forse, sta proprio nella fine di un programma del genere.
Celentano ha trasportato in tv il suo flemma da molleggiato, quella sua capacità di essere grande anche quando ritarda il playback delle sue canzoni. Grezzo, forse, ma diretto. Non si perde in circoli di parole, magari in tempi morti, momenti durante i quali lascia il tempo ai suoi discorsi, di essere percepiti, soppesati, capiti.
Ricorda un po’ il Vasco Rossi di “Gli spari sopra”, con i suoi elicotteri, la città allo sfascio, i ghetti sul palco, una band genialmente rude e fuori dai soliti accompagnamenti (Demo ne devi fare di strada!). Rock. Tutta la trasmissione è rock. Ed ora che è finita non rimane nulla di simile. Striscia la notizia è ormai una versione vanziniana e trash di satira, utile, socialmente impegnata, ma non diretta come Rockpolitick. Le Iene sono un’ombra riflessa di quella cattiva versione degli esordi (senza Volo è un po’ dura, da sempre). Blob rimane l’unico spiraglio decostruttivo e d’intelligente protesta, ma proprio per quello ha un target di nicchia e resiste anche grazie ad un poco comprensibile senso filologico che lega i vari spezzoni. Ma se più di quindici milioni d’italiani l’hanno seguita, mi chiedo, anche commercialmente parlando, perché non farne altre. D’altra parte Celentano non è una novità. Non è certo la sua prima apparizione in RAI o la prima trasmissione provocatoria che realizza. Ogni volta viene alzato un polverone mesi prima che inizino anche solo a concepirla, si minaccia censura a destra e a sinistra. Si scredita il molleggiato in tutti i modi possibili. Faccio un esempio. Ogni anno Libero, il cui direttore io stimo, mette in prima pagina i termini economici con cui la RAI realizza la trasmissione e la percentuale percepita da Adriano. Però mi sembra ci siano questioni economiche più importanti. Come quella citata da Crozza sul digitale terrestre: nessuno ha mai calcolato il reale importo dello stanziamento statale per il decoder, nessuno lo ha mai messo in prima pagina. Stanziamento servito per salvare rete quattro, non giriamoci troppo intorno.
Dunque il coraggio di parlare, il coraggio di mostrare ciò che sembra evidente, che sembra visibile, ma che, in realtà, viene facilmente nascosto, semplicemente, non parlandone.

E, quindi, finalmente arrivò lui Joan Lui. Yuppi Du!

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